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Riscontrata resistenza ai carbapenemi nella catena alimentare

Fonte: Efsa
Data: 21/04/2025


I batteri produttori di carbapenemasi, un tempo ristretti al solo ambito ospedaliero, vengono ora riscontrati anche in animali da reddito e in prodotti alimentari in tutta Europa. È quanto risulta dal più recente parere scientifico dell'Efsa sulla presenza e la diffusione di enterobatteri produttori di carbapenemasi (Cpe) nella catena alimentare dell'UE e dei quattro Paesi aderenti all'Efta: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
Sebbene non vi siano prove definitive che questi batteri si trasmettano all'uomo tramite il cibo, sono stati trovati ceppi identici sia negli animali sia nell'uomo, il che farebbe supporre una possibile trasmigrazione.
I Cpe sono batteri che producono enzimi (carbapenemasi) che inattivano gli antibiotici carbapenemici, utilizzati per trattare infezioni gravi nell'essere umano. La resistenza a tali farmaci rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica data la scarsità di alternative terapeutiche efficaci.
Il più recente parere dell'EFSA, basato su una precedente valutazione del 2013, esamina dati e letteratura scientifica fino a tutto febbraio 2025, attingendo anche a informazioni raccolte nei Paesi dell'UE e dell'Efta con il contributo del Centro europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (Ecdc).
Queste le risultanze principali:

• dal 2011 a oggi sono stati rilevati Cpe nella catena alimentare in 14 dei 30 Paesi UE/Efta;
• i Cpe più frequentemente segnalati sono Escherichia coli, Enterobacter e Klebsiellae e Salmonella, provenienti principalmente da animali terrestri da reddito (suini, bovini e, in misura minore, pollame, ossia le specie animali monitorate di routine nell'UE quanto a resistenza agli antimicrobici);
• il numero di casi di Cpe segnalati è cresciuto sia nei suini sia nei bovini e nel pollame, con aumenti significativi in diversi Stati membri nel 2021 e nel 2023;
• 10 dei 30 Paesi dell'UE/Efta hanno istituito piani di emergenza per il controllo e le indagini su questi batteri.

Per prevenire o ridurre al minimo l'insorgenza e la diffusione di Cpe, l'Efsa raccomanda di:

• estendere le attività di monitoraggio ad altre fonti alimentari finora non monitorate (come i prodotti ittici e le verdure) nonché ad altre specie batteriche (come Klebsiella);
• migliorare i metodi di rilevamento, condurre indagini di rintracciabilità ed effettuare la tipizzazione molecolare dei batteri per acclarare le vie di trasmissione, compresa una potenziale diffusione tramite operatori e mangimi;
• concentrare la ricerca sulla progettazione di studi mirati a comprendere meglio le modalità di diffusione di questi batteri nella catena alimentare.

L'Efsa fornirà supporto agli Stati membri e ai Paesi Efta per condurre ulteriori indagini sulla presenza e sulla diffusione dei Cpe aggiornando i dati, considerata la variabilità dei geni presenti nei diversi Paesi e nelle diverse specie animali. Nel 2027 verrà pubblicato un parere aggiornato alla luce delle ultime risultanze.