Il Comitato nazionale Sicurezza alimentare (CNSA) ha valutato il rischio di esposizione per il consumatore alla listeriosi di origine alimentare. Nel parere pubblicato, il CNSA raccomanda ai consumatori alcuni accorgimenti in ambito domestico nelle fasi di manipolazione, conservazione e somministrazione. Alla base della valutazione, uno studio condotto dal Laboratorio nazionale di riferimento per Listeria monocytogenes e il Centro di referenza nazionale per l'Epidemiologia veterinaria, la Programmazione, l'Informazione e l'Analisi del Rischio, istituiti presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise (IZSAM).
Tale studio ha evidenziato maggiori criticità per i piatti cotti a base di carne, che possono essere soggetti a manipolazioni e conservazione anche dopo la cottura, e per i prodotti di salumeria. "Ciò ribadisce l'importanza di una corretta manipolazione e conservazione degli alimenti pronti al consumo, sia nelle fasi di distribuzione e di somministrazione, sia in ambito domestico", osserva il CNSA.
Ai consumatori il CNSA raccomanda di:
· evitare di conservare per lungo tempo i prodotti "pronti al consumo" acquistati presso la grande e piccola distribuzione, per minimizzare l'esposizione al patogeno in ambito domestico;
· evitare la cross-contaminazione tra prodotti crudi e alimenti pronti al consumo;
· raffreddare rapidamente i cibi cotti.
Nelle sue conclusioni, il CNSA mette in luce alcune fonti di incertezza che non permettono di giungere a stime di esposizione fondate. Offrono elementi di incertezza i dati dei controlli ufficiali, il metodo statistico utilizzato e il non avere considerato la conservazione degli alimenti.
I dati dei controlli ufficiali "non possono essere perfettamente rappresentativi della reale situazione della contaminazione da L. monocytogenes nei vari alimenti - osserva il CNSA - in quanto i controlli ufficiali non sono svolti in modo totalmente casuale e rappresentativo dei volumi di produzione e commercializzazione dei vari prodotti". Ad esempio, alcuni alimenti potenzialmente implicati, quali il salmone affumicato o alcuni formaggi erborinati, non sono risultati particolarmente a rischio per ragioni contingenti, quali una bassa rappresentatività statistica del campionamento effettuato.
Un altro elemento di incertezza è dato dalla presenza di "assunzioni statistiche", la più rilevante delle quali è quella che considera il patogeno uniformemente distribuito nell'intero volume dell'alimento consumato, una "assunzione non accertabile nella realtà - si legge nel parere - soprattutto per alcuni alimenti per i quali la contaminazione si concentra quasi esclusivamente sulla superficie esterna del prodotto, condizionando la probabilità d'ingestione da parte del consumatore finale".
Non è stato considerato, infine, l'effetto della conservazione degli alimenti che, in considerazione delle caratteristiche dello specifico alimento e dei tempi e temperature di conservazione, potrebbe comportare un significativo incremento del rischio di esposizione. Una più precisa valutazione del rischio su specifici prodotti, che tenga conto delle loro caratteristiche chimico-fisiche (pH e acqua libera), delle principali modalità di contaminazione e distribuzione di Listeria sul prodotto e delle condizioni di conservazione (tempo e temperatura) consentirà di stimare in modo più pertinente l'esposizione del consumatore finale.
Lo studio ha comunque fornito elementi sufficienti a suggerire le azioni da intraprendere per migliorare l'identificazione dei casi di listeriosi e la relativa indagine epidemiologica.
Il parere auspica due ordini di intervento:
· l'istituzione di un sistema integrato che consenta di avere un unico repository (ceppo teca) e di procedere alla correlazione, anche mediante tipizzazione genomica, dei ceppi di Listeria isolati da alimenti e mangimi e nel corso delle forme cliniche di malattia, sia umane che animali;
· l'individuazione di una rete di laboratori regionali che, con il coordinamento del Laboratorio nazionale di riferimento, applichino standard uniformi per l'indagine epidemiologica dei casi umani da Listeria monocytogenes, con opportuna integrazione medico/veterinaria e con la creazione di un flusso informativo integrato tra centri specialistici di cura e laboratori di riferimento per l'uomo.