Una delle principali sfide della politica alimentare del XXI secolo è indubbiamente quella di trovare le strategie in grado di garantire il diritto all'accesso al cibo in maniera adeguata e sufficiente per tutti.
La Food and Agriculture Organization (Fao) stima che ogni anno, nel mondo, un terzo di tutti gli alimenti prodotti per il consumo umano vada perso o sprecato: un fenomeno che si contrappone in maniera paradossale ai 795 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame (Fao, 2013).
Dai dati pubblicati da Eurostat, nel 2014 il 24,4% della popolazione dell'Unione europea era a rischio povertà assoluta, soprattutto nei Paesi del Centro e dell'Est Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, nel 2014 il 28,3% della popolazione è risultata a rischio povertà, con una notevole differenza tra il nord e il sud del Paese; in particolare, i tassi più elevati riguardavano Sicilia e Campagna, seguite da Calabria, Molise e Puglia.
Parallelamente, recenti studi hanno evidenziato aspetti preoccupanti circa l'entità degli sprechi alimentari lungo la filiera agroalimentare. La discrepanza tra domanda ed offerta è una delle principali cause dello "sperpero" di cibo.
Nei Paesi sottosviluppati le perdite alimentari sono maggiori nella fase di produzione primaria, a causa delle condizioni climatiche che favoriscono il deterioramento delle derrate, nonché della mancanza o carenza di strutture, attrezzature, impianti e sistemi idonei per una conservazione e commercializzazione adeguata dei prodotti. Inoltre, uno scarso livello di informazione, formazione e addestramento degli operatori comporta l'applicazione di modalità operative non adeguate al contenimento delle perdite.
Viceversa, nei Paesi sviluppati lo spreco è dovuto essenzialmente alla sovrapproduzione di cibo, che in buona parte, poi, si trasforma in rifiuto.
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