Pochi mesi fa, presso il nostro Parlamento è
approdata la proposta sulla “Disciplina organica
della coltivazione della vite e della
produzione e del commercio del vino”, meglio
conosciuta come “Testo Unico della Vite e del
Vino”, avanzata dai maggiori rappresentanti
delle organizzazioni italiane del settore vinicolo,
tra cui Agrinsieme, Unione italiana vini, Federvini,
Assoenologi, Federdoc ed altri. Gli esiti delle
consultazioni sono stati positivi in entrambe le
sedi parlamentari: la Camera dei Deputati ha accolto
tale proposta, la quale ha riscosso poi un
grande successo anche al Senato, poco tempo
dopo.
L’intento dei promotori della normativa, esperti
vignaioli italiani, muove dalla consapevolezza
che la produzione di piccola e media quantità
non possa prescindere dall’eccellenza qualitativa
a livello mondiale, di cui il nostro Paese è scenario
indiscusso.
Per creare un cosiddetto fil rouge tra regolamentazione
e produzione vinicola, essi hanno elaborato
tre linee di proposta “per restituire competitività
al settore, riducendo l’impatto della burocrazia
[…] ed eliminando gli elementi normativi
o le prassi amministrative che sul campo non
hanno dimostrato la propria utilità. Fermi restando
gli obbiettivi condivisi della tutela del consumatore
e della salute, appare possibile eliminare
molti aspetti percepiti come vessatori dell’attuale
rapporto tra istituzioni e vignaioli, senza pregiudicare
il raggiungimento degli scopi legittimi
di entrambi”.
Così, alla fine del mese di novembre, è stato approvato
un testo di 90 articoli (poi pubblicato in
Gazzetta, il 28 dicembre 2016, come legge
238/2016, entrata in vigore il 12 gennaio scorso),
che ristabilisce ordine e chiarezza all’interno
della materia, riassumendo tutta la normativa
precedente (la legge 82/2006, il decreto legislativo
61/2010 e il decreto legislativo 260/2000)
ed introducendo importanti novità da diversi
punti di vista.
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