Nella nostra quotidiana esperienza giudiziaria assistiamo – con ormai inquietante frequenza – ad un fenomeno, o meglio ad una pratica – ci si consenta – poco ortodossa sul piano giuridico, ma soprattutto poco rispettosa delle garanzie difensive per le aziende alimentari indagate, di utilizzo da parte delle italiche Procure della Repubblica di strumenti di indagine amministrativa impiegati in maniera anomala in una fase di indagine penale che invece può e deve avvalersi di suoi propri e validi strumenti di indagine con le relative garanzie difensive.
Tale pratica, ormai sempre più frequente, ci sorprende e ci preoccupa e non per un mero spirito di rigore giuridico, che porterebbe a richiedere a tutti gli operatori del diritto il rispetto dei mezzi di ricerca della prova messi a disposizione dal nostro codice di procedura penale, ma piuttosto per le gravi ripercussioni che tali scelte dei Pubblici ministeri hanno sulla pienezza ed effettività del diritto di difesa dell’indagato.
Ci riferiamo più precisamente ad indagini da parte dei Pubblici ministeri su prodotti alimentari, in quanto tali deperibili, che richiedono i necessari controlli analitici, controlli i cui esiti condizionano quasi sempre la “buona o la cattiva sorte” del procedimento penale incardinatosi.
Nulla di strano se le indagini analitiche sui prodotti alimentari venissero disposte dai Pm con l’impiego dei normali strumenti di indagine previsti dal codice di procedura penale ed invece con sincera meraviglia assistiamo alla singolare scelta di impiegare strumenti di indagine amministrativa – quale la procedura garantita dalle analisi di revisione – in un procedimento penale.
Ne consegue che le due fasi – ovvero la fase amministrativa (cui di regola segue quella giudiziaria solo in caso di esito analitico sfavorevole) e la fase processuale vengano temporalmente invertite, vale a dire la fase amministrativa e le relative indagini analitiche si inseriscono – a nostro avviso impropriamente – nella fase processuale.
Tanto si verifica quando – nella fase delle indagini preliminari – il magistrato del Pubblico ministero sollecita gli organi di polizia giudiziaria (i Carabinieri dei NAS, ad esempio) per indagini analitiche – su prodotti alimentari già sottoposti a sequestro giudiziario – secondo le norme amministrative (legge n. 283/1962 e d.lgs. 123/1993), anziché disporre più propriamente un accertamento tecnico non ripetibile ai sensi dell’art. 360 del codice di procedura penale.
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