Con l’applicazione del regolamento UE 609/2013, dal 20 luglio 2016 cambieranno in maniera significativa le norme in materia di alimenti senza glutine e verranno meno le condizioni per destinare alimenti ai diabetici (“a persone che soffrono di un metabolismo glucidico perturbato”) nelle forme finora utilizzate. Si tratta di due categorie di alimenti di diversa importanza per consumatori ed industria: i primi rappresentano un segmento molto importante, mentre l’ultimo settore in Italia costituisce una non trascurabile nicchia.
La pasta “indicata per la dieta del diabetico” è stata oggetto sia di importanti campagne pubblicitarie sia di provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)(1), a testimonianza dell’interesse dell’industria a spingere questo genere di claim e dei consumatori.
Secondo l’Istat (2013)(2), il 5,3% degli italiani è diabetico; si tratta di tre milioni di persone.
La crescita del settore senza glutine è nota, con stime che indicano nel mercato italiano uno dei più importanti al mondo, con un volume di oltre 240 milioni di euro. Rispetto ai prodotti analoghi con il glutine, il prezzo al consumatore viene spesso moltiplicato.
Il successo dei prodotti senza glutine è legato prima di tutto alla celiachia. La celiachia è una malattia piuttosto diffusa in Europa, con una prevalenza che varia da nazione a nazione, per ragioni non ben comprese, e, secondo dati recenti, può raggiungere il 2,4% della popolazione (normalmente la stima è dell’0,5-1%) La celiachia è una malattia autoimmune che va gestita attraverso una dieta senza glutine. Accanto alla celiachia, vi è una crescente attenzione scientifica sulla sensibilità al glutine non celiaca, anche se manca un consenso definitivo.
È quindi utile analizzare i futuri cambiamenti normativi in questi due settori.
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