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Legge 283/1962. Indifferibile coordinarla con le norme comunitarie

Fondamentale reinterpretarla secondo i principi generali del reg. CE 178/2002.

Autori: Carlo Correra
Fonte: rivista 'Alimenti&Bevande' n. 3/2015
Data: 10/04/2015


Profumo di candeline per la legge/quadro italiana su igiene e salubrità dei prodotti alimentari, la n. 283 del 30 aprile 1962, che festeggia il suo cinquantatreesimo compleanno mentre questo articolo arriva all’attenzione dei Lettori di Alimenti & Bevande.
La validità di una norma, ci insegnavano, tanti anni fa, i maestri del Diritto nelle Facoltà di Giurisprudenza, si misura anche sulla base della sua longevità ovvero della sua capacità di abbracciare e disciplinare i fenomeni economico-sociali oggetto della sua attenzione per il più lungo arco di tempo possibile.
Una virtù, questa, peraltro di difficile realizzazione in un’epoca, come quella attuale, in cui le vicende tecniche ed economico-sociali, anche quelle del settore dei prodotti alimentari, si evolvono e mutano con crescente velocità. Una virtù poi ancora più difficile da reperire ove si consideri che da alcuni decenni ormai il timone del “bastimento carico carico” di… normative alimentari è passato nelle mani del legislatore comunitario con un cambiamento di rotta culturale assolutamente drastico rispetto all’approccio che connotava, invece, il legislatore italiano degli anni sessanta.
Mentre quest’ultimo, infatti, si ispirava essenzialmente alla cultura della repressione e prevalentemente quella di carattere penale, quello CEE, invece, si è ispirato e si ispira, in primo luogo, alla cultura della prevenzione e preferisce intervenire sul processo (di produzione e/o di distribuzione al consumo degli alimenti) piuttosto che inseguire poi sul mercato un prodotto difettoso o persino pericoloso per la salute del consumatore per punire l’Operatore del Settore Alimentare (OSA) responsabile della “non conformità” di un alimento.
Viva e vegeta è dunque ancora oggi la legge del 1962, ma purtroppo vivi e vegeti sono ancora oggi i problemi interpretativi che la riguardano quando i giudici italiani si devono cimentare nell’impegno di coordinarla con le norme comunitarie.



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