Profumo di candeline per la legge/quadro italiana
su igiene e salubrità dei prodotti alimentari, la
n. 283 del 30 aprile 1962, che festeggia il suo
cinquantatreesimo compleanno mentre questo
articolo arriva all’attenzione dei Lettori di Alimenti
& Bevande.
La validità di una norma, ci insegnavano, tanti
anni fa, i maestri del Diritto nelle Facoltà di Giurisprudenza,
si misura anche sulla base della sua
longevità ovvero della sua capacità di abbracciare
e disciplinare i fenomeni economico-sociali
oggetto della sua attenzione per il più lungo arco
di tempo possibile.
Una virtù, questa, peraltro di difficile realizzazione
in un’epoca, come quella attuale, in cui le vicende
tecniche ed economico-sociali, anche
quelle del settore dei prodotti alimentari, si evolvono
e mutano con crescente velocità.
Una virtù poi ancora più difficile da reperire ove
si consideri che da alcuni decenni ormai il timone
del “bastimento carico carico” di… normative
alimentari è passato nelle mani del legislatore
comunitario con un cambiamento di rotta culturale
assolutamente drastico rispetto all’approccio
che connotava, invece, il legislatore italiano
degli anni sessanta.
Mentre quest’ultimo, infatti, si ispirava essenzialmente
alla cultura della repressione e prevalentemente
quella di carattere penale, quello CEE,
invece, si è ispirato e si ispira, in primo luogo, alla
cultura della prevenzione e preferisce intervenire
sul processo (di produzione e/o di distribuzione
al consumo degli alimenti) piuttosto che
inseguire poi sul mercato un prodotto difettoso
o persino pericoloso per la salute del consumatore
per punire l’Operatore del Settore Alimentare
(OSA) responsabile della “non conformità” di
un alimento.
Viva e vegeta è dunque ancora oggi la legge del
1962, ma purtroppo vivi e vegeti sono ancora
oggi i problemi interpretativi che la riguardano
quando i giudici italiani si devono cimentare
nell’impegno di coordinarla con le norme comunitarie.
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